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Magnifica guerriera: Alessandra Canzanella

Magnifica Perennial modalità guerriera. L’intervista di oggi ha per protagonista Alessandra Canzanella, un’amica che ci racconterà una storia tosta ma ci porterà anche la testimonianza di come sia possibile affrontare le avversità della vita conservando  il sorriso – e quello di Alessandra, come vedete, è splendido – insieme alla propria integrità, la propria forza, la volontà di essere sempre e comunque se stesse.
Alessandra è alta, bionda, abbronzata. Arriva all’appuntamento puntualissima, indossando sotto il giubbino di pelle la nostra t-shirt d’ordinanza. Segue il nostro progetto dagli esordi e si è subito sentita una Perennial doc.
– Raccontaci di te.
Ho 55 anni, sposata con mio marito Giancarlo, abbiamo una figlia di 25 anni che si chiama Ginevra. Lavoro all’ufficio marketing della Lufthansa dove sono entrata 29 anni fa dopo la laurea in lingue. Non faccio fatica a dirlo: ho una bella famiglia, un lavoro che mi piace, tanti amici. Insomma si potrebbe definire una vita dorata…”.

– Se non che?
Se non che la salute non è il mio forte! E i miei problemi sono cominciati nel 2002, quando a 38 anni ho avuto un’emorragia nell’emisfero sinistro del cervello che mi ha lasciato la parte destra del corpo completamente paralizzata”.

– Come è successo?
Ero in Grecia in vacanza d’estate, avevo appena finito di fare sci nautico e mi trovavo in acqua con il giubbotto salvagente. Stavo togliendo gli sci quando la parte destra del mio corpo, senza alcuna avvisaglia, non ha più risposto ai comandi. Non riuscivo a fare niente: non a muovermi, non a parlare. Ho nuotato con la parte sinistra come potevo, mi sono trascinata non so come al pontile fino a che sono stata soccorsa dagli istruttori e poi trasportata d’urgenza in elicottero ad Atene. Dopo quattro giorni sono arrivata al Policlinico di Milano che mi ha poi indirizzato al centro di riabilitazione Villa Beretta di Costa Masnaga, in provincia di Lecco, dove sono rimasta per due mesi e mezzo. Ci sono entrata in carrozzella e sono uscita con le mie gambe: camminavo senza bastone e senza aiuti ma non muovevo più mano, braccio e spalla destra. L’attacco era stato forte sulla parte alta del corpo e il neurologo mi aveva avvisato che non avrei più avuto la funzionalità come nella parte sinistra”.

– Come hai reagito?
“Concentrandomi con tutta me stessa nel percorso di riabilitazione. Per un anno e mezzo, fino a che non ho ripreso il lavoro, mantenuto con un part-time, ho fatto tre ore di fisioterapia al giorno. C’è voluta tanta forza di volontà: oltre alla fisioterapia, che ho continuato fino al 2015, mi ha aiutato molto il pilates che mi ha ricostruito muscoli addominali, il portamento, la schiena

– Non ti sei mai abbattuta?
Onestamente no. Soprattutto ho sempre respinto l’idea di dover rinunciare a qualcosa. Adoravo i tacchi e tornata dalla riabilitazione dove avevo indossato solo sneaker, mi esercitavo nel corridoio di casa per ritrovare l’equilibrio. L’inverno successivo all’emorragia ho ripreso a sciare con un istruttore che mi ha insegnato a farlo senza racchette. Pratico il golf da dieci anni, con un ferro che ha un’impugnatura particolare e mi permette di giocare: sabato scorso sono arrivata terza a una gara! E poi c’e stata la danza del ventre”.

Alessandra gioca a golf con passione

– Anche la danza del ventre?
(ride) ed è stata importantissima! Ho cominciato con un’insegnante meravigliosa che faceva lezioni in casa e mi ha incoraggiato, sapendo che mi era sempre piaciuto ballare e avevo il senso del ritmo. Quando ho cominciato, sollevavo il braccio destro inerte aiutandomi con il sinistro. Piano piano ho recuperato moltissimo anche se ho la consapevolezza di non essere al pari delle altre allieve. Ma la danza del ventre, oltre che a livello fisico, ha fatto tanto per me a livello mentale, incrementando la stima per me stessa, il senso della mia femminilità: con gonne a vita bassa e tutte le collanine e monetine del caso, mi sento una vera danzatrice!”.

– Ma tu sei sempre stata così forte? Perché racconti questa storia di coraggio con una tale naturalezza…
“Non sono una che si piange addosso e ho la fortuna di non essere ansiosa: in tutti questi anni non ho perso nè il sonno nè l’appetito.Tanto è vero che anche quando ho avuto un tumore ho reagito con controllo”.

– Il tumore: quando è arrivato?
Nel 2015: un cancro all’utero riscontrato nonostante i controlli puntuali. E che sono serviti, perché il tumore è stato preso in tempo nonostante fosse arrivato già alle ovaie. Dopo l’intervento per l’asportazione, mi sono sottoposta a una potente radio-chemioterapia. Dopo un anno, tra una pet e l’altra, mi è stato individuato un linfonodo sospetto tra il collo e la clavicola. Morale: prima un intervento di rimozione e poi mi sono sparata quattro mesi di chemio per scongiurare il pericolo di altre microcellule vaganti! Lì ho perso tutti i capelli”.

– Come hai affrontato la cosa?
“Ho comperato una parrucca prima che cadessero, quando ero ancora in forma e il colorito non era ancora cadaverico. Non avevo particolari ansie perché sapevo che sarebbero ricresciuti. Li ho persi in un weekend a Stoccolma, da mio marito: me li sono trovati tutti sul cuscino. Ho dovuto comperare un foulard e lì mi sono fatta regalare un Hermes! (ride). A Milano ho iniziato a mettere la parrucca. La toglievo in casa ma dovevo indossare subito un cappello di lana perché era inverno e sentivo molto freddo dietro la nuca. Lo portavo anche la notte quando andavo a letto, ma mettevo ugualmente la camicetta carina con il pizzo! Non sono una da pigiamone, men che meno davanti a mio marito: non volevo diventarlo neanche in quei giorni, però ero molto buffa. I capelli poi sono tornati. A luglio, quando erano cresciuti bene, mi sono tolta la parrucca e mi sono fatta bionda platino”.  

W il biondo! Nel 2019 un anno dopo la chemio e nel 2018 pochi mesi dopo la cura

– Forse non dovrei chiedertelo, ma non hai mai pensieri negativi?
“Intendi dire: perché a me? Certo che sì: è inevitabile. Dopo l’emorragia e la batosta del tumore è stata dura. E in una maniera differente, perché sebbene prima era deprimente avvertire una parte di me che non funzionava più, non ho mai temuto che mi venisse un’altra emorragia. Con il tumore il retropensiero c’è”.

E per l’ennesima volta ti chiedo: come reagisci?
Adesso le pet sono negative ma so che ogni sei mesi, per almeno 5 anni, vivrò dei momenti con il fiato sospeso. Di solito faccio la pet il martedì e gli esiti sono pronti il venerdì. Ma io li ritiro il lunedì successivo: preferisco trascorrere il weekend insieme a mio marito, fuori città, giocando a golf. Mi godo i miei tre giorni di sport, la compagnia degli amici. Riesco a isolare i pensieri, ad accantonare tutto in un cassetto della mente. E’ ovvio che il lunedì sono tesa ma intanto mi sono goduta il momento”.

Perché hai voluto raccontare la tua storia?
Perché sono convinta che tutti abbiamo i nostri problemi, più o meno gravi, che ci fanno soffrire, che generano ansia o la tentazione di lasciarsi andare. Ma possediamo anche l’arma potentissima della forza di volontà. E io ne sono la prova. Vorrei dare coraggio ad altre persone che magari vivono un’esperienza analoga alla mia e dire loro di non smettere mai di lottare. Io sono in battaglia con il mio fisico tutti i giorni, ma è una lotta che mi fa alzare dal letto viva, con un senso di gratitudine. Ogni giorno: carpe diem”. 

(Paola Baronio)