C’è chi giura che lo yoga gli ha cambiato la vita. A me non è successo ma l’ha migliorata molto. Mi ha permesso di entrare in una dimensione – per me nuova – dell’ascolto di me stessa, delle mie emozioni, del controllo – o della consapevolezza della mancanza di controllo – delle mie pulsioni. Insomma: uno stato d’animo che rende più appagante questa fase della vita nella quale, se inevitabilmente si perdono alcune certezze, se ne conquistano molte altre. Lo yoga, in questo senso, per me, è un grande alleato.
Ho iniziato ad andare in palestra tardi, a 42 anni. Dopo la corsa, le sessioni di work-out e pilates per tonificare gli addominali inflacciditi, mi ero iscritta a dei corsi di ‘yoga power’ con l’obiettivo di migliorare la respirazione e le prestazioni nel running. Non era male, anche se gli istruttori non ci spiegavano il senso di certe contorsioni faticosissime o di posizioni dai nomi di animali: il cane a testa in giù, il corvo (mai riuscita!), il cobra. Confesso che mi sentivo spesso stupida: ma che ci faccio qui, a 50 anni, nella posizione del gatto?
Finalmente, per il turnover degli istruttori tipico dei centri fitness, è arrivata Elisabetta, un’insegnante di yoga ‘vera’, che con un sorriso gentile e una voce da fatina ci ha piano piano introdotto non alla ginnastica, ma alla pratica dello yoga. Insegnandoci a respirare come si deve, a sentire la freschezza dell’aria che entra nei polmoni, all’ascolto del battito del cuore, alla gestione di brevi apnee, a concentrarci sulla postura e sull’esistenza dei muscoli più reconditi del nostro corpo, anche rimanendo semplicemente seduti a gambe incrociate. Ma anche a sfidarci, per raggiungere, ognuno con le nostre possibilità, la nostra età, il nostro ardire o i nostri timori, piccoli o grandi risultati che non si misuravano in termini di prestazioni ma di correttezza nell’esecuzione, di resistenza e concentrazione.
Lo yoga mi ha insegnato che è importante entrare nelle pose (asana) e cercare di eseguirle al meglio, ma anche uscirne, con la stesso controllo e la stessa grazia. Per me, abituata ad affrontare la vita come una gara di sollevamento pesi o al meglio una corsa ad ostacoli, è stata una rivelazione e poi una liberazione.
Purtroppo per noi – e felicemente per lei – la nostra maestra è rimasta incinta ed ha lasciato la palestra. Durante le lezioni però si era formato un gruppetto di persone che oramai allo yoga non poteva rinunciare e attraverso informazioni via whatsapp, abbiamo trovato, nella nostra zona, Daniele, un altro insegnante, innamorato della pratica e dotato a sua volta di una competenza diversa che ci ha introdotto, con sobrietà, anche alla meditazione. Sto scoprendo le risorse della mente, la capacità di concentrami su un concetto, un oggetto e persino sul nulla. Di trovare, durante la pratica, quel momento di concentrazione e di minima perfezione da interiorizzare e a cui ricorrere nei momenti di difficoltà.
Ricordo una sera dell’inverno scorso: dovevo condurre un talk pubblico sulla moda sostenibile. Pochi attimi prima di sedermi mi sentivo di malavoglia, il discorsetto che mi ero fissata per introdurre gli ospiti annegava in pensieri disordinati. E’ bastato cercare di visualizzare la lezione della sera precedente, il profilo della mia mano tesa davanti allo sguardo mentre raggiungevo una posizione di equilibrio per ritrovare calma e concentrazione.
Ora, io non sono mica brava nello yoga: ho poco senso dell’equilibrio, le braccia deboli e soffro di tendinite al polso sinistro, tanto che uso una polsiera. Qui mi vedete nella posizione del loto (Padmasana), che riesco a tenere con una certa dignità. Ma ho il menisco un po’ “sfrangiato” e non so per quanto riuscirò a raggiungere una posa che è definita impegnativa. So però che se non si riesce a fare il loto completo c’è il mezzo loto e che si può stare bene anche solo con le gambe incrociate (Sukhasana, la posizione facile). Lo yoga ti dà sempre una seconda possibilità: come nella vita, così come sto imparando a intenderla io. Crescerò, invecchierò, ma farò yoga per sempre.
E ora qualche consiglio pratico:
Abbigliamento: maglietta (o canottiera), reggiseno da sport senza cuciture e pantaloni in tessuti leggeri e traspiranti che vi permettano di sentirvi comode e di raggiungere le varie posizioni (Asana) in libertà, dimenticandovi di quello che avete addosso.
Fate attenzione alle ampiezze: se i pantaloni sono troppo larghi sarete costrette a rimboccarli fin sopra il ginocchio per le posizioni di equilibrio come quella dell’albero (Vrksasana) dove il piede deve aderire bene alla gamba opposta; idem per le maglie ampie che rischiano di lasciarvi a pancia o schiena scoperta in posizioni fondamentali come quella del cane a testa in giù (Adho Mukha svanasana). Personalmente poi porto sempre con me un piccolo asciugamano per detergere il sudore sul collo (occhio alla cervicale!).
Il tappetino: che sia abbastanza leggero per essere portato comodamente arrotolato nei tragitti casa – yoga ma di un peso sufficiente per mantenere aderenza al pavimento quando vi ci muovete sopra. Verificate che la superficie sia antiscivolo anche con le mani e i piedi sudati, condizione che si verifica pochi minuti dopo l’inizio della pratica. Quanto alla scelta e ai prezzi, non c’è che l’imbarazzo della scelta: dalla grande distribuzione tipo Decathlon ai negozi di yoga specializzati, alle vendite online. Il mio tappetino, di qualità media e acquistato in un negozio specializzato di Milano, l’ho pagato lo scorso anno circa 30 euro. Si lava anche in lavatrice o a mano con il solito sapone neutro.
La foto è di Marco Valerio Esposito